In un’intervista esclusiva, abbiamo scoperto la realtà scioccante che si nasconde dietro la lucida facciata di TikTok, attraverso gli occhi di una moderatrice che ha scelto di rimanere anonima, qui chiamata “Elena”.
A soli 28 anni, Elena racconta della sua esperienza nel monitorare costantemente i contenuti pubblicati sulla piattaforma, un lavoro che la vede impegnata per otto ore al giorno nell’esaminare video che molti preferirebbero non vedere.
Il suo ruolo è cruciale: filtrare e rimuovere contenuti disturbanti come violenze, abusi su minori e suicidi. Elena descrive il suo lavoro come un viaggio traumatico nel lato oscuro dell’umanità, menzionando in particolare video raccapriccianti, come quelli che mostrano violenze su bambini o scene di estrema crudeltà. Questo processo di filtraggio è vitale per mantenere puliti i feed degli utenti, evitando che si imbattano in immagini scioccanti.
Le conseguenze psicologiche di questo lavoro sono profonde. Elena ammette di soffrire di insonnia e stress acuto, sintomi aggravati dalla natura del suo lavoro. La sua esperienza è un monito sul costo emotivo che questi “custodi digitali” devono pagare.
La necessità di moderatori umani oltre agli algoritmi è diventata evidente già nel 2016, quando Facebook ha iniziato a reclutare individui per riconoscere ed eliminare i contenuti inappropriati. Oggi, ogni social network si affida a questi lavoratori invisibili. Secondo una stima di MarketWatch, il settore della moderazione dei contenuti digitali è destinato a crescere fino a raggiungere i 13,60 miliardi di dollari entro il 2027.
Il salario per questi moderatori varia a seconda della regione. Mentre i lavoratori in Kenya guadagnano meno di due dollari l’ora per filtrare contenuti per ChatGPT, Elena guadagna 1.200 euro al mese, una cifra che lei ritiene inadeguata per la natura del lavoro. Grazie al Digital Service Act, è emerso che il numero di moderatori che lavorano per TikTok in Italia è di 430, una cifra impressionante considerando i 20 milioni di utenti unici nel paese.
Questo articolo getta luce su un aspetto spesso trascurato dei social media, mostrando il lato oscuro che si cela dietro la nostra quotidianità digitale.
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