Un grido di dolore: il caso di Davide Garufi e la ferocia del bullismo online

Conseguenze di una cattiveria a senso unico online, comodamente da pc o smartphone, facendo del male senza rimorsi.

La recente tragedia di Davide Garufi, giovane tiktoker di 21 anni, ha scosso l’Italia e acceso nuovamente il dibattito sulla crudeltà del web.

Vittima di diffamazione, attacchi d’odio e stalking online, Davide si è tolto la vita il 19 marzo 2025, lasciando dietro di sé una scia di dolore e interrogativi sull’inarrestabile violenza digitale.

La storia di Davide Garufi

Davide, originario di Sesto San Giovanni, era noto su TikTok per i suoi contenuti personali e ironici. Il suo percorso di scoperta dell’identità di genere lo aveva portato a identificarsi prima come Alexandra, poi a riconoscersi come non binario, tornando infine al nome di battesimo. Questo viaggio, affrontato pubblicamente, lo ha esposto a una valanga di insulti, critiche e attacchi transfobici.

Nonostante il suo tentativo di proseguire con dignità, la pressione e l’odio ricevuto online lo hanno portato a una situazione insostenibile. La sera del 19 marzo, Davide ha utilizzato l’arma del padre, una guardia giurata, per togliersi la vita. Un gesto estremo che pone nuovamente l’attenzione sulla responsabilità sociale nei confronti delle vittime di cyberbullismo.

L’indagine in corso e la responsabilità digitale

La Procura di Monza ha avviato un’indagine per istigazione al suicidio, analizzando i messaggi e le minacce ricevute da Davide. La pericolosità dell’odio online è ormai evidente: non si tratta solo di parole virtuali, ma di armi che colpiscono profondamente le persone, con conseguenze tragiche.

Molti si chiedono se sia possibile fermare questa spirale di violenza. Purtroppo, il web permette agli haters di nascondersi dietro l’anonimato, rendendo difficile individuare i responsabili. Le leggi esistenti non sono sempre efficaci e spesso chi diffonde odio rimane impunito. Tuttavia, ciò non deve farci rinunciare alla lotta contro il cyberbullismo.

Una riflessione necessaria

Questa tragedia impone una riflessione: quante altre vite dovranno spezzarsi prima che il bullismo online venga preso seriamente? Quante persone devono soffrire in silenzio prima che la società reagisca con decisione?

Personalmente, comprendo il dolore di chi si trova costantemente sotto attacco. Anch’io, pur non rispondendo alle critiche, subisco insulti e attacchi continui. So quanto possa essere dura convivere con l’odio gratuito, e proprio per questo vorrei aiutare chi si sente solo e perseguitato. Tuttavia, la realtà è che la cattiveria non si può fermare.

Forse sarà il Karma a rimettere le cose al loro posto.

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